Primo trimestre 2019, c'è la ripresa ma si allarga il divario tra Italia e Europa

Post n° 7 - 03 maggio 2019

Si fa un gran parlare in questi giorni della crescita italiana dopo che l’Istat ha ufficializzato i dati del primo trimestre del 2019, attestando una crescita dello 0,2% congiunturale e dello 0,1% tendenziale. Due parole su cosa significano questi termini.

Congiunturale: si confronta il PIL con il precedente trimestre (quindi primo trimestre 2019 contro quarto trimestre 2018). Per far questo, il valore trimestrale del PIL va corretto perché cambia a seconda della stagione e a seconda del numero di giornate lavorative presenti nel periodo. L'adattamento rende l’aggregato confrontabile con quello degli altri trimestri.

Tendenziale: si confronta il PIL con lo stesso trimestre dell’anno precedente (quindi primo trimestre 2019 contro primo trimestre 2018). In questo caso la correzione stagionale potrebbe non essere necessaria mentre sarebbe necessaria quella di calendario perché di anno in anno le festività e quindi il numero di giorni lavorati differiscono. Io nel calcolo del valore tendenziale in genere preferisco considerare il valore cosiddetto “grezzo”.

L’Istat non ha nemmeno fatto in tempo a pubblicare i dati che è partito un cinema, a mio modo di vedere imbarazzante, sulla loro interpretazione. Paragone che dalla stazione Centrale di Milano fa un selfie dove mette in relazione le magnifiche azioni del governo con il cambio di tendenza (venivamo da due trimestri col segno negativo). E ne approfitta per dire che se avessimo fatto più deficit la crescita sarebbe stata ancora più alta (viene da chiedersi se alta abbastanza da coprire i maggiori costi sul debito che avremmo dovuto sostenere). Commenti social che assumono una frode statistica visto il cambio di guarda presso l’istituto. Il PD che manda in video una sua “gemma” per fargli dire che la crescita è pari solo allo 0,1% (cita tra l’altro il dato tendenziale perché gli è più comodo salvo poi aver citato nei trimestri passati quello congiunturale, così almeno ricordo io) e che la distanza tra Italia ed Europa si è fatta più marcata con questi ultimi.

Ecco, qui mi sale un senso di frustrazione. Nel momento in cui cerco di curare la bile che mi provoca uno come Paragone, incappo in un messaggio di contropropaganda che non capisco. Un calcolo assurdo che non so bene con quale alambicco le agenzie del PD hanno tirato fuori, questa assurda fierezza nell’ indicare che tutti e due i governi (questo e quello precedente) hanno fatto peggio ma gli attuali “più peggio”.

Anziché dire che -0,1% o +0,2% non cambia nulla, anziché provare a indicare come si esce da una condizione che vede l’Italia continuare il suo percorso di declino senza soluzione di continuità ci perdiamo in questo gioco al massacro convinti che alla propaganda becera si risponde con altrettanta propaganda becera. Cioè che sia questo il metodo inevitabile per cambiare le cose e invertire la tendenza.

Tendenza che, se consideriamo la distanza tra Italia e resto d’Europa, non risparmia nessun governo. Perché il gap cresce a prescindere da chi guida il paese, dal colore della sua maglia o dalle sue politiche. Non voglio certo dire che siano tutti uguali. Diceva Grillo in un suo show (grosso modo): “pensavo che eravamo arrivati al fondo del barile… stiamo scavando”. Io non penso che eravamo arrivati al fondo del barile ma constato che nessuno ha la minima idea o capacità di proporre e di attuare un piano di “salvataggio”. A meno che non si pensi che per attuarlo sia necessario inseguire il popolo con una contro-narrazione intrisa di mistificazione e tendenziosità.

Veniamo al merito. Signori, sono decadi che l’Italia va peggio degli altri. Certo, non sempre, non allo stesso modo. Ma la tendenza di un trimestre rispetto all’inesorabile andamento decennale della nostra economia non conta nulla.

Allora sono andato a vedere questa fatidica distanza dall’Europa. I dati ci sono. Io li ho presi (da Eurostat) e ho seguito questo percorso.

Per vedere l’andamento tra il nostro PIL e quello europeo considero il loro rapporto dal 1999 in poi. Se il rapporto sale il gap diminuisce, se il rapporto scende il gap aumenta. Semplice. Poi sono andato a calcolare trimestre per trimestre di quanto questo rapporto è cresciuto o è diminuito. Ho considerato il PIL corretto (senza gli effetti stagionali e di calendario). I valori sono concatenati al 2010. Questo per eliminare eventuali riduzioni del gap dovute ad inflazione e non a reale crescita. I paesi dell’Europa infatti calcolano l’inflazione (e quindi il deflatore del PIL) in modo autonomo. Ho usato questa formula per ciascun trimestre partendo dal primo del 1999.

{[(PIL ITA trimestre t) / (PIL EU28 trimestre t)] - [(PIL ITA trimestre t-1) / (PIL EU28 trimestre t-1)]} * 100

Questo mi dice di quanti punti percentuali in ciascun trimestre il rapporto è salito o sceso. Ho messo insieme i due dati: tendenza del rapporto e differenze rispetto al trimestre precedente. Ecco quello che ho trovato. Nota: guardate il grafico come meglio credete. Io non ci vedo qualcuno che ha fatto meglio di altri ma un’intera nazione che procede inesorabilmente verso il proprio destino di ultimi tra i primi.

Divario PIL Italia vs Europa

Ora qualcuno potrebbe obiettare che considerando l’area euro le cose siano diverse. E sbaglierebbe. Se prendo l’area euro a 12 (ma potete anche prendere quella a 19), la sostanza non cambia. Forse il divario ha un andamento leggermente meno marcato.

Divario PIL Italia vs Eurozona

Allora potrebbe venire il dubbio che anche altri paesi abbiano avuto il nostro destino. Ma anche se fosse, vogliamo continuare a guardare a chi sta peggio di noi per sentirci meglio? Cercare una nave che imbarca tanta acqua quanto la nostra e quando poi tappa i suoi buchi andare in cerca di un'altra che imbarchi acqua? Eccovi i grafici, sempre Area Euro a 12. Io però ne ho considerati 9.

Confonto divario PIL di vari paesi Europei

Potete osservare i disegni in tre modi. Uno è quanto blu vedete. L’altro è quanto rosso vedete. L’ultimo è la pendenza della linea. Ricordate: se sale, il gap diminuisce, se scende, il gap aumenta.

Se avete l’insano dubbio che tutto ciò sia causato dell’Euro vi invito a guardare il rapporto tra PIL pro capite dell’Italia e PIL pro capite di altri paesi. I dati li trovate dal 1960. Magari di questo parleremo in una prossima puntata.